News Primo piano — 03 novembre 2013
In memoria della crudeltà. A Pietransieri si avvicina il 70esimo anniversario della Strage di Limmari.

PIETRANSIERI – Si avvicinano i giorni del ricordo, anche se mai si deve dimenticare. Il prossimo 21 novembre ricorreranno settanta anni da uno dei crimini più efferati compiuti dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale: la strage di Limmari.

Limmari, zona di pascolo e di masserie, a pochi chilometri dalla frazione di Pietransieri nel comune di Roccaraso, fu il luogo del rifugio dopo lo sfollamento ordinato da Kesserling per molti paesi dell’Alto Sangro. Infatti tutto quel territorio costituiva uno strategico punto di difesa della ritirata tedesca, la linea Gustav, quasi una fortificazione naturale per le alte postazione offerte a guisa di nidi d’aquila. Molti abitanti della zona obbedirono e caricati sui camion militari furono portati via, altri presero la via della montagna per unirsi ai partigiani della brigata Maiella, ma in tanti decisero di rimanere per salvare quel poco che rimaneva.

Nella settimana dal 14 al 20 novembre del 1943 si susseguirono i giorni della strage con l’infondata accusa di presunti aiuti ai partigiani. Il 21 novembre, al comando del tenente Schulemburg o secondo gli ultimi documenti dietro diretto ordine del capitano Georg Schulze, comandante della II Compagnia dei paracadutisti in zona, i tedeschi scesero in forze a Limmari ed iniziò il rastrellamento nel territorio. Alla fine della giornata, una domenica, si contarono 110 corpi straziati tra bambini, donne ed anziani che si aggiunsero alle 18 vittime dei giorni precedenti. Solo una sopravvisse, la piccola Virginia Macerelli protetta dal corpo della madre.

Questi i fatti, poi il ricordo, la Storia. Il 15 luglio 1967 il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat decorò il Gonfalone di Pietransieri con la medaglia d’oro al valor militare. In questi giorni si preparano i giorni della memoria, lo stesso Presidente Giorgio Napolitano incontrerà Virginia Macerelli accompagnata da una delegazione del Comune di Roccaraso. Inoltre sono stati annunciati numerosi appuntamenti organizzati dall’Amministrazione comunale guidata dal sindaco Francesco Di Donato. Ma qui vogliamo ricordare un’altra traccia della memoria ritrovata nel percorso di studio per riportare all’attenzione un figlio illustre del territorio sangrino: Pasquale Scarpitti.

Pasquale Scarpitti (Castel di Sangro 1923 – Pescara 1973), poeta, scrittore, giornalista, caposervizio Rai nella sede regionale dell’Abruzzo, fu testimone diretto della parziale distruzione di Castel di Sangro tra il 7 e l’8 settembre del 1943 e tra le macerie del paese passò oltre otto mesi della sua vita. La stessa casa di famiglia non sfuggì alla violenza tedesca. Giorni mai più dimenticati e riportati nella sua vasta produzione poetica e narrativa. Tra gli altri un documento ritrovato, testimonianza diretta di affermazione professionale e del valore della memoria: un servizio speciale trasmesso il 21 novembre 1967 dalla Rai Abruzzo dal titolo I 128 di Limmari. Il documentario riporta una serie d’interviste ai parenti protagonisti del martirio; le voci narranti ricordano quei terribili giorni come testimoni diretti di una realtà osservata direttamente da dietro rifugi di fortuna o ascoltata da altri paesani sfuggiti dai massacri. Ogni intervista è un macigno contro la crudeltà nazista, un atto di dolore per l’empietà compiute, una preghiera per tante vittime innocenti.

Scarpitti domanda ma non provoca e lascia che il ricordo riaffiori nella libera espressione; il giornalista non interrompe e affida all’interlocutore il compito di ricostruzione. Spesso il linguaggio è molto personale, dialettale ma non oscuro e l’ascoltatore è pienamente coinvolto. I sentimenti sono filtrati dal tempo, non c’è il desiderio di vendetta né il richiamo all’odio. Lo stesso parroco dice: «Abbiamo dimenticato l’inutile crudeltà di quei soldati. Abbiamo voluto dimenticare per tornare a credere nella bontà dell’uomo». Poi ricorda la sua Chiesa incendiata e l’onore reso all’unica sopravvissuta Virginia Macerelli quando si rappresentò per la prima volta, nel ’49, il presepe vivente a Rivisondoli e un lungo corteo di slitte alla luce delle fiaccole si mosse alla volta di Limmari. In quella sera dell’Epifania, Virginia era sulla piazza e udì da lontano il suono delle zampogne e il brusio di una moltitudine di gente che si avvicinava, presto si trovò circondata e tutti onorarono in lei i morti di Pietransieri.

Da un recuperato canovaccio di preparazione alla trasmissione, leggiamo queste riflessioni del nostro autore:

Rispettiamo il nuovo sentimento della gente di Pietransieri perché mai una volta abbiamo notato sui loro occhi un lampo di odio. Qui nessuno ama parlare dell’eccidio. In un campicello, tra un cespuglio e un viottolo, vi è ancora la tomba di un soldato tedesco. Forse è proprio uno di quelli che diede fuoco alle mine: forse è proprio quel soldato che sventagliò col mitra sui corpi dilaniati. Ebbene, nei giorni dei morti, c’è stato chi ha portato crisantemi e lumini su quella tomba. […]. Fra poco qui nevicherà. Sulla strada di Limmari, attorno al cimitero, si alzerà l’urlo del lupo. Nelle case i bambini tremeranno di paura e ancor di più si stringeranno intorno al focolare ricostruito. Ma le nonne, quelle poche nonnette sfuggite al massacro, prenderanno forse a raccontare […] la storia del ’43 dove presepe ed eccidio si trasfigurano negli eterni concetti del bene e del male, del bene che supera il male. É così a Pietransieri, paesino appollaiato sulle altissime vette dell’Appennino abruzzese, da dove è possibile vedere la cima del Vesuvio e sognare il mare quando ulula il lupo […].

Gianfranco Giustizieri

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